L'allevamento Vecchio Toscano

La qualità del cane di Sant'Uberto in Italia forse si deve proprio, paradossalmente, alla sua scarsa
diffusione. Le mode che hanno investito l'allevamento del dalmata o del pastore tedesco o del labrador non hanno toccato il bloodhound, rimasto cane per pochi. Un segugio che per molti anni, in Europa, è stato sinonimo di eccentricità nelle mostre di bellezza e sempre lontano dall'attività venatoria o comunque dalle prove di lavoro, a discapito delle sue origini.
Solo l'appassionata opera di alcuni allevatori come Pier Luigi Rolandi di San Miniato (Pisa), titolare dell'affisso "Vecchio Toscano", ha permesso a una razza che rischiava di impoverirsi nel suo patrimonio genetico - e di snaturarsi - di tornare agli antichi splendori. Ingigantito nella stazza per esigenze di "copione" da ring, esasperato nell'ipertipo fino a rischiare l'entropion e altri macroscopici difetti e così spesso poco saldo ed equilibrato nel carattere, il bloodhound nel Vecchio Continente si è meritato di entrare nell'elenco delle razze "rischio" per la salute, redatto dalla Comunità europea. " miei primi soggetti - ricorda Rolandi - avevano paura anche della loro ombra. Meno di venti anni dopo, nelle gare di caccia hanno fatto il punteggio più alto per intelligenza e intraprendenza". In Europa si sacrificava la funzionalità all'estetica, come se in cinotecnica la bellezza non fosse strettamente legata alla funzionalità. In America invece i segugi degli sceriffi, magari con meno pieghe sulla pelle e una colorazione meno omogenea, risolvevano centinaia di casi giudiziari e di ricerche di persone scomparse.
In Italia, nel frattempo (siamo giunti agli anni Settanta), la passione per il più grande tra i segugi era scoppiata. Grazie ad amatori competenti come Paride Bonavolta, giudice di razza e fondatore del Bloodhound Club d'Italia, titolare dell'affisso "della Gioia di Vivere", si inizia a parlare di allevatori di bloodhound nella penisola. Prima, negli anni '60, c erano stati solo singoli soggetti che avevano vinto gare di bellezza e anche di caccia alla lepre, ma senza significative discendenze. Da questo allevamento, creato da linee di sangue inglese e belga, provengono i primi campioni italiani non importati. Poi arrivano i cani di Fioravanti ("dell'Antico Limiere"), del regista Paolo Pietrangeli ("delle Isole Lontane") e di Massimiliano Mannucci ("Cogli l'attimo").
Pier Luigi Rolandi inizia nel '75 con Roland detto Edward. L'allevamento iniziò con una linea di sangue inglese - racconterà in seguito - Abingerwood. "Andavo a molte mostre. Vincevo di tutto. Ma quei cani morivano troppo presto. Spesso soffrivano di torsione di stomaco o altri problemi non banali. Decisi di cambiare rotta e fu la svolta".
Bisognava allargare lo sguardo. Alcuni lo hanno fatto scegliendo linee di sangue provenienti dalla Francia, il paese meno suggestionato dalle mode d'Oltremanica. Rolandi invece guardò al Nuovo Continente. Là, in California, Rolandi conobbe il dr. John Hamil e Susan LaCroix. L'incrocio fra consanguinei troppo stretti, in una razza poco rappresentata, e un rischio più che reale. Pescando negli States si poteva giocare sul numero e la qualità rispetto a unti standard più avvicinabile al Sant'Uberto, meno "monumentale" di quello del Kennel club inglese. Uno standard, non dimentichiamolo, che gli americani hanno voluto compatibile con la dura pratica del mantrailing.

Didascalia Immagini:
Pier Luigi Rolandi con due magnifici soggetti di cani Sant'Uberto dell'allevamento Vecchio Toscano e il primo piano della testa di Leonardo, tipico esponente della razza. I cani di Sant'Uberto sono ritenuti fra i più antichi cani da seguita, comunque del periodo medioevale, che avrebbero poi dato origine a molte delle razze attuali. Ancora oggi alcuni esemplari vengono impiegati per la caccia.

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