Le attività del Club
Il Bloodhound Club d'Italia - che da poco ha preso la nuova denominazione di Chien de Sr. Hubert-Bloodhound Club
d'Italia-, pur essendo un piccolo Club rispetto ad altri, sotto le presidenze di Bonavolta, Pietrangeli e Antonini, e per impulso di Rolandi, oltre a partecipare alle gare di bellezza e di lavoro ha promosso manifestazioni di carattere culturale, tecnico e scientifico come la prima tavola rotonda mondiale di
Castiglione Olona (Varese, '93), organizzata dal socio Elio Binda e alla quale parteciparono decine di allevatori da tutto il mondo. Significativa la partecipazione a iniziative come il centenario
dell'associazione allevatori bloodhound inglesi ('97). A Londra il Bloodhound Club d'Italia vedrà confermate le proprie preoccupazioni riguardo alla salute della razza nel corso del dibattito intorno al richiamo ufficiale della
CEE sulle "razze portatrici di tare fisiche". E sosterrà l'esigenza di norme meno restrittive sulla quarantena in Inghilterra.
Ma la vera grande prova d'orgoglio del Club italiano si registra nel gennaio '95, quando Arcese porta una muta di suoi cani (in parte prodotti nel suo allevamento, in parte comprati da Rolandi) a BernosBeaulac, nei Pirenei Atlantici, in Francia. In gara per ottenere il brevetto di caccia
(Arcese ne porterà a casa 3) ci sono varie razze di segugio. Alla fine i giudici francesi, battendo il pugno sul tavolo, esclameranno:
"Dovevano venire gli italiani a insegnarci come devono cacciare i Sr. Hubert". Il presidente del club francese, Boitard, è entusiasta, piange come un bambino di fronte alla resurrezione funzionale di una razza data per spacciata. Aveva valso la pena lo sforzo congiunto dei soci, il Ducato maxi furgonato prestato da Rolandi e i1 contributo finanziario offerto dal lombardo Pier Luigi Cairoli.
"Cairoli? - dirà di lì a poco Rolandi - ha percorso più strada lui in pochi anni che altri in decenni. Con la sua intensa attività venatoria ha trascinato altri soci, da 15 a 20 in tutto, in prove e gare preparatorie su cinghiale, in vista di un vero e proprio campionato di
lavoro".
Le imprese di Arcese e lo sforzo organizzativo e aggregativo di Cairoli sono il punto d'arrivo di una lunga serie di tentativi iniziati già negli anni '70 da Marcello Altini di Montevarchi, da Amedeo Valentino e da Pasquino e Liano Mordenti di Forlì. Ed è
nel '95 che l'Enci delibera l'obbligatorietà della prova di lavoro per fregiarsi del titolo di campione italiano. La successiva delibera del '99 estende la prova di lavoro a 4 discipline: prova su seguita, su pista di sangue, ricerca protezione civile, sezione A) Pista, classe IPO1.
Il
Cane di Sant'Uberto in Italia. Il Bloodhound "dual purpose",
cioè bello e bravo.
L'allevamento
Vecchio Toscano
Arcese
e la scelta per la caccia
Il
bloodhound a lavoro anche in Italia
L'identikit
del Sant'Uberto nel 2002
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